L'effettiva responsabilità medica e l'eventuale risarcimento danni malasanità che ogni cittadino può richiedere in caso di danni subiti resta per moltissimi italiani un argomento poco conosciuto e costellato di punti di domanda, pur essendo di fondamentale importanza. Certo i seminari e i meeting che trattano l'argomento sono tanti ma il labirinto burocratico che il cittadino si trova ad affrontare, se malauguratamente la struttura che lo ha ospitato ha mostrato una qualche negligenza, diviene più intricato di quanto ci si possa aspettare.
Malgrado la legge possa schierarsi dalla parte del cittadino e provvedere eventualmente anche ad un risarcimento danni malasanità, quello che la legge proprio non può restituire è quanto tolto dalla malasanità, la salute: un tesoro che nessun risarcimento sarà mai in grado di rendere. Dall'altra parte della barricata tuttavia, i medici si difendono e soprattutto stigmatizzano la pratica della denuncia "facile": è verità anche che il mezzo della denuncia rappresenta spesso una forma di guadagno, soprattutto se si viene appoggiati da avvocati in malafede, e che truffe e raggiri sono argomento arci noto anche nel campo della sanità.
Ma cerchiamo di fare un po di chiarezza e diamo uno sguardo a quanto stabilito dalla legge. L'articolo 2043 del codice civile recita chiaramente: Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. Altro particolare da tenere a mente è che è obbligatorio provvedere a sporgere denuncia entro 10 anni dall'ultimo certificato medico rilasciato. Inoltre dal 2011 abbiamo a che fare con l'entrata in vigore della conciliazione obbligatoria, che deve essere avviata prima dell'inizio del procedimento civile, pena l'improcedibilità. In parole povere medici e vittime spiegano le loro ragioni di fronte ad un organismo che cerca di ricucire lo strappo fra le due fazioni avverse. In caso di mancato raggiungimento della conciliazione si potrà adire le vie legali. Naturalmente tutto ci ò che pu ò accadere in situazioni come queste pu ò presentare un elevato fattore di rischio e peculiarità talmente tanto varie che risulta spinoso soltanto cercare di avventurarsi in argomenti del genere.
L'opzione migliore è quella di affidarsi e affidare i propri diritti ad un legale o alle tante associazioni specializzate in questo campo che accertino professionalmente le mancanze, se ce ne sono state. In ogni caso, un altro punto fermo è l'obbligo dell'avvocato, dopo essere stato informato di tutta la vicenda dal cliente, di sottoporre la pratica ad un medico legale che possa fare luce sulle responsabilità oggettive. La malasanità va poi quantificata percentualmente, in relazione al danno biologico provocato; questa percentuale equivale ad una richiesta danni, che il legale provvederà ad inviare al medico o alla struttura sanitaria responsabile. Soltanto quando il debitore avrà ufficialmente rigettato le accuse, come avviene nella stragrande maggioranza dei casi, si potrà fare in modo che intervenga un giudice a regolare il contenzioso. La legge, a questo punto, precisa un lato della vicenda che non deve essere sottovalutato: il risarcimento va calcolato in base all'inadempienza che rappresenta la causa diretta del danno lamentato dal paziente, e non sulla base di qualsiasi altra inadempienza riscontrata. Il medico o la struttura accusata, dal canto suo cercheranno di dimostrare l'inesistenza di quanto contestato oppure che l'inadempienza, pur essendoci stata, non ha causato o contribuito a causare, il danno in questione.
La giurisprudenza precisa anche altri punti di non facilissima interpretazione e pone l'accento sulla gravità di quanto provocato, nel senso che l'offesa arrecata, per essere punita, deve superare una soglia minima di tollerabilità e non limitarsi a piccoli fastidi o disagi ma deve pregiudicare realmente la qualità della vita del paziente o la sua felicità; questo è, riassunto in poche righe, quanto esplicitato dalla legge.
L'argomento, già di per se spinoso e tutt'altro che allegro, diventa ancor più triste quando i protagonisti di malasanità sono bambini e neonati. Un fatto di questo genere, relativo a danni procurati ad un neonato, ci riporta indietro di un anno, quando a Palermo, tre medici di una struttura ospedaliera cittadina si sono visti costretti a risarcire la famiglia del piccolo con la somma di 1200000 euro per i fatti accaduti nel lontano 1995. Da allora l'ormai 18enne convive con un'invalidità che la legge gli riconosce al 100% e una spesa mensile di circa 1300 euro per far fronte alle cure mediche. Ma è storia ancora più recente quella di un altro bambino affetto da diabete che per il suo medico aveva soltanto una banale influenza. La malattia diagnosticata in ritardo gli ha lasciato deficit cognitivi, visivi e motori. Ma sono centinaia, e forse migliaia i casi di questo genere, causati spesso da diagnosi frettolose e superficiali.
Fra i casi più comuni ci sono quelli relativi ai danni prodotti dai vaccini sui lattanti; nel 2005 un noto clinico scrisse sul Washington Free che "Le nuove conoscenze di neuro-immunologia pongono gravi questioni circa la scelta di iniettare vaccini in bambini di età minore di 2 anni". Sollecitare in modo eccessivo il sistema immunitario infantile, prima che abbia il tempo di maturare spontaneamente, per molti si sta dimostrando un'azione disastrosa: l'introduzione di molteplici stimoli antigenici, unitamente a sostanze tossiche chimiche e materiale immunogeno proveniente dai tessuti di cellule animali o umane utilizzate per la produzione del vaccino stesso, sembra in realtà indebolire la risposta immunitaria. E i rapporti causa- effetto con i sempre più comuni casi di autismo e danni cerebrali sembrano aumentare drasticamente.
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